Chi come me ha consumato la bibbia del business edita nel 1989 si sta sentendo a casa propria ora, vero? Ho sentito definire The seven Habits of Highly Effective People uno dei testi più innovativi nel panorama della letteratura manageriale, uno di quei testi che non dovrebbero mai mancare nella libreria di imprenditori, manager, professionisti e formatori. L’ho visto consigliare nelle classi dei migliori EMBA e regalare da un numero spropositato di manager ai propri dirigenti. Il Sacro Graal per chiunque voglia vendere qualcosa a qualcuno. Nel 1990, però…
Il prezzo del successo
Il mio stimabilissimo collega Stephen Richards Covey è riuscito a riassumere in modo più che convincente le abitudini comportamentali che sulla carta consentono a chiunque di raggiungere i propri obiettivi. Sette regole che, se correttamente applicate, promettono di trasformare ogni manager rampante nell’arma di leadership definitiva.
In buona sostanza, una persona di successo è colui che assume atteggiamenti di successo, diventando protagonista e regista della propria esistenza, governando l’insieme dei giudizi valutativi che dà di sé stesso (Battistelli,1994).
Su questi assunti io ho costruito una carriera che dura da più di 20 anni. E funziona. Ma a che prezzo?
Un mio carissimo amico, una persona splendida e integerrima, accidentalmente anche Former President di una grande multinazionale del tabacco, mi ha fatto il grande regalo di confrontarsi più e più volte con me sul concetto di successo. Attraverso i suoi aneddoti ho avuto la possibilità di osservare ciò che ai tempi non ritenevo prioritario: la gratificazione emotiva che dovrebbe derivare dal successo.
Il reale rischio per una macchina di vendita efficiente ed efficace si annida in un elemento che Covey non ha mai pensato di includere tra i propri cardini di successo: la soddisfazione umana.
Vale davvero la pena alzare spasmodicamente l’asticella? Aumentare quotidianamente i propri livelli di stress e urgenza continuando a fare senza goderne?
Comincia pensando al benessere
Se ad esempio cercassimo il file rouge tra le sette regole del successo, ci accorgeremmo che il controllo di tutto e di tutti ne rappresenta il pilastro portante. È questo il vero senso di “cominciare pensando alla fine”.
Ma come si può controllare una comunità aziendale (leadership), una strategia (business plan) o qualunque altro elemento in preda agli effetti di stress, ansia e pressione psicologica aspettandosi di non subirne le conseguenze?
Il bias generato da una letteratura drogata di slogan e dati di vendita è che quella professata da Covey sia l’unica strategia possibile, senza considerare che nella nostra peggior condizione fisica e psicologica l’unico elemento che finiremo per controllare è il numero di pillole di cui avremo bisogno per sopravvivere.
Ho davvero bisogno di chiedervi se ne vale la pena?
La nostra regola per il successo
In Mudra abbiamo ridefinito il successo come risultato condiviso, sostituendo al controllo la collaborazione e l’interazione tra competenze. Un successo che punta non solo (ma anche) al fatturato, includendo anche benessere psicofisico e soddisfazione personale. Abbiamo costruito un ambiente che stimola le idee e l’espressione delle potenzialità e delle attitudini del singolo, incentivando empatia e tutela dei propri bisogni umani.
Benessere, identità e valori umani sono diventati i nostri asset per competere sul mercato; portandoci a raggiungere interlocutori e realtà di alto profilo prima ancora di investire nella nostra comunicazione.
Invece di vendere, nell’accezione coveyana del termine, abbiamo scelto di parlare come esseri umani ad altri esseri umani; con tutti i limiti e i privilegi che la nostra condizione biologica impone. E, come ci aspettavamo, funziona (e noi con l’asticella ci giriamo il gin tonic).
Chi come me ha consumato la bibbia del business edita nel 1989 si sta sentendo a casa propria ora, vero? Ho sentito definire The seven Habits of Highly Effective People uno dei testi più innovativi nel panorama della letteratura manageriale, uno di quei testi che non dovrebbero mai mancare nella libreria di imprenditori, manager, professionisti e formatori. L’ho visto consigliare nelle classi dei migliori EMBA e regalare da un numero spropositato di manager ai propri dirigenti. Il Sacro Graal per chiunque voglia vendere qualcosa a qualcuno. Nel 1990, però…
Il prezzo del successo
Il mio stimabilissimo collega Stephen Richards Covey è riuscito a riassumere in modo più che convincente le abitudini comportamentali che sulla carta consentono a chiunque di raggiungere i propri obiettivi. Sette regole che, se correttamente applicate, promettono di trasformare ogni manager rampante nell’arma di leadership definitiva.
In buona sostanza, una persona di successo è colui che assume atteggiamenti di successo, diventando protagonista e regista della propria esistenza, governando l’insieme dei giudizi valutativi che dà di sé stesso (Battistelli,1994).
Su questi assunti io ho costruito una carriera che dura da più di 20 anni. E funziona. Ma a che prezzo?
Un mio carissimo amico, una persona splendida e integerrima, accidentalmente anche Former President di una grande multinazionale del tabacco, mi ha fatto il grande regalo di confrontarsi più e più volte con me sul concetto di successo. Attraverso i suoi aneddoti ho avuto la possibilità di osservare ciò che ai tempi non ritenevo prioritario: la gratificazione emotiva che dovrebbe derivare dal successo.
Il reale rischio per una macchina di vendita efficiente ed efficace si annida in un elemento che Covey non ha mai pensato di includere tra i propri cardini di successo: la soddisfazione umana.
Vale davvero la pena alzare spasmodicamente l’asticella? Aumentare quotidianamente i propri livelli di stress e urgenza continuando a fare senza goderne?
Comincia pensando al benessere
Se ad esempio cercassimo il file rouge tra le sette regole del successo, ci accorgeremmo che il controllo di tutto e di tutti ne rappresenta il pilastro portante. È questo il vero senso di “cominciare pensando alla fine”.
Ma come si può controllare una comunità aziendale (leadership), una strategia (business plan) o qualunque altro elemento in preda agli effetti di stress, ansia e pressione psicologica aspettandosi di non subirne le conseguenze?
Il bias generato da una letteratura drogata di slogan e dati di vendita è che quella professata da Covey sia l’unica strategia possibile, senza considerare che nella nostra peggior condizione fisica e psicologica l’unico elemento che finiremo per controllare è il numero di pillole di cui avremo bisogno per sopravvivere.
Ho davvero bisogno di chiedervi se ne vale la pena?
La nostra regola per il successo
In Mudra abbiamo ridefinito il successo come risultato condiviso, sostituendo al controllo la collaborazione e l’interazione tra competenze. Un successo che punta non solo (ma anche) al fatturato, includendo anche benessere psicofisico e soddisfazione personale. Abbiamo costruito un ambiente che stimola le idee e l’espressione delle potenzialità e delle attitudini del singolo, incentivando empatia e tutela dei propri bisogni umani.
Benessere, identità e valori umani sono diventati i nostri asset per competere sul mercato; portandoci a raggiungere interlocutori e realtà di alto profilo prima ancora di investire nella nostra comunicazione.
Invece di vendere, nell’accezione coveyana del termine, abbiamo scelto di parlare come esseri umani ad altri esseri umani; con tutti i limiti e i privilegi che la nostra condizione biologica impone. E, come ci aspettavamo, funziona (e noi con l’asticella ci giriamo il gin tonic).
Parto dal presupposto che ogni processo di business deve necessariamente essere migliorato senza soluzione di continuità, utilizzando strumenti e metodologie più efficienti ed efficaci. È per questo che dedico ogni mia giornata alla condivisione delle competenze e delle esperienze acquisite in oltre 20 anni di carriera professionale come manager ed equity partner in aziende multinazionali e italiane.
Intervengo in alcuni Executive MBA come counselor e senior lecturer in negotiation. Supporto MBO e spin-off come Look Lateral, OTR, Paul Surridge e Lucio Vanotti. Sono socio fondatore della holding GPA SpA che dal 2009 raggruppa società di consulenza e tech italiane ed internazionali che amministro e di cui sono board member. Ho ideato il format eXporsi, nato nel 2012 dal desiderio di mettere in contatto eccellenze del panorama italiano. Collaboro con alcune testate giornalistiche come panelist, condividendo il mio punto di vista sull’evoluzione dei business model.