La friggitrice ad aria è una friggitrice o un forno? Quando parliamo di innovazione di prodotto, purtroppo dobbiamo constatare che il marketing, talvolta, vince a mani basse rispetto alla concretezza.
La prima volta che ho sentito parlare di “friggitrice ad aria”, naturalmente mi si sono illuminati gli occhi: davvero posso ottenere tutti i vantaggi della frittura, senza lo svantaggio dell’utilizzo dell’olio che fa ingrassare!?
Un po’ per deformazione professionale, un po’ per esperienza, dentro di me sapevo che rischiavo di farmi abbindolare dalla stessa materia che costituisce uno dei capisaldi della mia carriera, ma – come amo dire – i consumatori sono esseri irrazionali e… un po’ ci speravo.
Ho iniziato a documentarmi. Il funzionamento della friggitrice ad aria mi sembrava molto simile a quello di un piccolissimo forno ventilato.
C’era una volta la Frittolosa, che friggeva senza olio
Nei meandri della mia memoria, si andava formando un ricordo… la Frittolosa! I nati prima del 1990, ora probabilmente avranno una canzoncina in testa che fa così “Frittolosa! Frigge senza olio! Frittolosa!“, perché tale era la value proposition di questo prodotto Termozeta che ha azzeccato tutto tranne che il naming.
A questo punto, caro lettore, ti starai chiedendo il motivo di questa affermazione. La Frittolosa era, di fatto, una piccola friggitrice ad aria. Quando uscì, negli anni ’90, la pubblicità in televisione era pervasiva (per questo ricordiamo così bene la sigla), quindi non si può certo dire che si lesinò sul marketing.
Peccato che il problema fosse proprio la scelta dei lessemi (le parole identificative) nel naming e nella comunicazione in generale.
Tutta colpa del fonosimbolismo e del peso (dei vocaboli)
Se andiamo ad analizzare il naming “Frittolosa” il 100% del peso è sul concetto di fritto. Il fonosimbolismo della lettera “o”, per sua natura, richiama qualcosa di grande e tondo (involontariamente, la parola stessa suona quasi sovrappeso!). Lo stesso slogan pubblicitario “Frigge senza olio!” ha il 100% dei termini che evocano l’insalubrità della pietanza.
Quando, al contrario, sento parlare di “Friggitrice ad Aria” o della sua versione più catchy “Airfryer”, c’è un bilanciamento perfetto (50-50) tra il vocabolo che richiama la golosità e quello che ci promette la salubrità. Sì, è buono come il fritto, ma grazie all’aria, che per sua natura non ha calorie.
Anche il fonosimbolismo (suggerisco davvero la lettura di questo splendido approfondimento di Chiara Gandolfi) ci aiuta, perché questi naming sono pieni di “A”, di “R” e di “I”, associabili alla leggerezza, all’ariosità, alla finezza.
La friggitrice ad aria vince grazie al percepito
Anche stavolta, è la componente intangibile che è venuta in soccorso di una mezza bugia. La friggitrice ad aria non frigge, è un piccolo forno ventilato sicuramente più comodo e – in alcuni casi – più economico rispetto a una cottura standard. Tuttavia, è talmente forte il potere del percepito che continueremo a comprarle andando a sedare il senso di colpa che genera l’idea di abbuffarsi di fritture.
Utilizziamo questa strategia per spingere innovazioni vincenti
Non dimentichiamo che una buona gestione della componente intangibile vale tanto per i prodotti “così-così” quanto per i prodotti validi. Anzi, spesso sono proprio quelli più validi a essere trascurati dal punto di vista della componente intangibile, proprio perché i produttori si fregiano della qualità intrinseca, considerando “fesserie” le attività di marketing e brand management.
Forse, leggendo la storia di Frittolosa e delle friggitrici ad aria, magari cambieranno idea…
La friggitrice ad aria è una friggitrice o un forno? Quando parliamo di innovazione di prodotto, purtroppo dobbiamo constatare che il marketing, talvolta, vince a mani basse rispetto alla concretezza.
La prima volta che ho sentito parlare di “friggitrice ad aria”, naturalmente mi si sono illuminati gli occhi: davvero posso ottenere tutti i vantaggi della frittura, senza lo svantaggio dell’utilizzo dell’olio che fa ingrassare!?
Un po’ per deformazione professionale, un po’ per esperienza, dentro di me sapevo che rischiavo di farmi abbindolare dalla stessa materia che costituisce uno dei capisaldi della mia carriera, ma – come amo dire – i consumatori sono esseri irrazionali e… un po’ ci speravo.
Ho iniziato a documentarmi. Il funzionamento della friggitrice ad aria mi sembrava molto simile a quello di un piccolissimo forno ventilato.
C’era una volta la Frittolosa, che friggeva senza olio
Nei meandri della mia memoria, si andava formando un ricordo… la Frittolosa! I nati prima del 1990, ora probabilmente avranno una canzoncina in testa che fa così “Frittolosa! Frigge senza olio! Frittolosa!“, perché tale era la value proposition di questo prodotto Termozeta che ha azzeccato tutto tranne che il naming.
A questo punto, caro lettore, ti starai chiedendo il motivo di questa affermazione. La Frittolosa era, di fatto, una piccola friggitrice ad aria. Quando uscì, negli anni ’90, la pubblicità in televisione era pervasiva (per questo ricordiamo così bene la sigla), quindi non si può certo dire che si lesinò sul marketing.
Peccato che il problema fosse proprio la scelta dei lessemi (le parole identificative) nel naming e nella comunicazione in generale.
Tutta colpa del fonosimbolismo e del peso (dei vocaboli)
Se andiamo ad analizzare il naming “Frittolosa” il 100% del peso è sul concetto di fritto. Il fonosimbolismo della lettera “o”, per sua natura, richiama qualcosa di grande e tondo (involontariamente, la parola stessa suona quasi sovrappeso!). Lo stesso slogan pubblicitario “Frigge senza olio!” ha il 100% dei termini che evocano l’insalubrità della pietanza.
Quando, al contrario, sento parlare di “Friggitrice ad Aria” o della sua versione più catchy “Airfryer”, c’è un bilanciamento perfetto (50-50) tra il vocabolo che richiama la golosità e quello che ci promette la salubrità. Sì, è buono come il fritto, ma grazie all’aria, che per sua natura non ha calorie.
Anche il fonosimbolismo (suggerisco davvero la lettura di questo splendido approfondimento di Chiara Gandolfi) ci aiuta, perché questi naming sono pieni di “A”, di “R” e di “I”, associabili alla leggerezza, all’ariosità, alla finezza.
La friggitrice ad aria vince grazie al percepito
Anche stavolta, è la componente intangibile che è venuta in soccorso di una mezza bugia. La friggitrice ad aria non frigge, è un piccolo forno ventilato sicuramente più comodo e – in alcuni casi – più economico rispetto a una cottura standard. Tuttavia, è talmente forte il potere del percepito che continueremo a comprarle andando a sedare il senso di colpa che genera l’idea di abbuffarsi di fritture.
Utilizziamo questa strategia per spingere innovazioni vincenti
Non dimentichiamo che una buona gestione della componente intangibile vale tanto per i prodotti “così-così” quanto per i prodotti validi. Anzi, spesso sono proprio quelli più validi a essere trascurati dal punto di vista della componente intangibile, proprio perché i produttori si fregiano della qualità intrinseca, considerando “fesserie” le attività di marketing e brand management.
Forse, leggendo la storia di Frittolosa e delle friggitrici ad aria, magari cambieranno idea…
Faccio collimare l’identità di aziende e prodotti con i bisogni del pubblico, utilizzando le competenze che ho acquisito in 17 anni di evoluzione professionale nel campo del Brand Management e della Psicologia dei Consumi.
Insegno queste materie in alcuni master di diverse Business School, per i quali ho formato aule di neolaureati e team aziendali, tra cui professionisti e middle manager di Sisal, Unilever, Electrolux.
Ho avuto una cattedra di Brand Management e Riposizionamento Strategico presso l’Università Accademia Santa Giulia (MIUR). Sono relatrice in alcuni tra i più importanti eventi di settore e ho collaborato con l’Università di Bologna per alcune docenze nei corsi di laurea in Scienze Politiche, Scienze della Comunicazione e per il master MIEX International Business Management.