La gestione degli asset intangibili per un’IPO di successo
La gestione degli asset intangibili per un’IPO di successo

Gli asset intangibili sono più comprensibili osservando ciò che accade nel mondo azionario, perché i feedback del mercato sono immediati e facilmente riconducibili a essi.

Per semplificare al massimo il concetto, proviamo a pensare all’andamento delle azioni di Tesla e Twitter a seguito dei comportamenti di Elon Musk. Per chi ha voglia di approfondire con un interessante paper di finanza comportamentale, consiglio la lettura di Measuring the impact of Elon Musk’s Tweets on the Stock Market.

Per i più pigri, riassumo io. Il frontman delle aziende o dei brand, con la sua esposizione mediatica, di fatto si fa portatore della voce del brand stesso e ogni sua parola va a comporre un capitale comunicativo che può diventare o meno “asset”. Nello studio citato sopra, è stata portata evidenza numerica di come tweet con un sentiment positivo hanno comportato un incremento del CAR (cumulative abnormal return, rendimento anomalo è la differenza tra il rendimento effettivo di un titolo e il rendimento atteso. I rendimenti anomali possono essere innescati da eventi di vario genere), mentre tweet con sentiment negativo hanno generato un decremento.

Stesso concetto vale per il ruolo dei report generati dagli analisti finanziari, anche qui un interessante studio a cura di Cristina Musetti, Il Valore dei Report degli Analisti Finanziari Nella Quotazione delle PMI Italiane, che hanno un ruolo fondamentale per instradare i comportamenti degli investitori.

Possiamo fare a meno degli asset intangibili in un’IPO?

La risposta è NO. L’informazione che struttura il capitale comunicativo è la discriminante chiave tra un’IPO di successo che innesca una permanenza proficua sul mercato azionario.

Se ci concrentriamo solo sulla parte di revisione contabile, quindi finanziaria e civilistica e trascuriamo la componente di finanza comportamentale, quindi quella umana in cui entrano in gioco gli asset intangibili, avremo un serio problema.

Senza un frontman dell’azienda che si occupi di investor relation e di pubblicazioni (post, articoli, video…) che puntino i riflettori sull’azienda, sui motivi per cui vale investire su di essa e senza un’attenzione maniacale al legame comunicazione-mercato, seguendone i trend, assecondando i nuovi bisogni, ecc.. riduciamo ai minimi termini le possibilità di performare con successo.

Attenzione, perché non vale solo per le aziende quotate o in procinto di IPO, ma anche per quelle che oggi non lo sono, ma potrebbero voler approcciare qualsiasi tipo di operazione straordinaria, come un’M&A, o anche solo rendersi attrattive sotto l’aspetto dell’employer branding.

Cosa sapere sugli asset intangibili prima dell’IPO

Prima di approcciare un’IPO, è importante saper individuare tutte le componenti intangibili che sono rilevanti per il mercato di riferimento ed effettuare una mappatura degli asset intangibili aziendali, per poi confrontare le due liste al fine di comprendere quali vanno inseriti o potenziati correttamente.

Ho scritto una guida molto completa che spiega cosa comporta una quotazione in borsa e come gli asset intangibili impattano su di essa, compila il form seguente per richiederla!





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    Per i più pigri, riassumo io. Il frontman delle aziende o dei brand, con la sua esposizione mediatica, di fatto si fa portatore della voce del brand stesso e ogni sua parola va a comporre un capitale comunicativo che può diventare o meno “asset”. Nello studio citato sopra, è stata portata evidenza numerica di come tweet con un sentiment positivo hanno comportato un incremento del CAR (cumulative abnormal return, rendimento anomalo è la differenza tra il rendimento effettivo di un titolo e il rendimento atteso. I rendimenti anomali possono essere innescati da eventi di vario genere), mentre tweet con sentiment negativo hanno generato un decremento.

    Stesso concetto vale per il ruolo dei report generati dagli analisti finanziari, anche qui un interessante studio a cura di Cristina Musetti, Il Valore dei Report degli Analisti Finanziari Nella Quotazione delle PMI Italiane, che hanno un ruolo fondamentale per instradare i comportamenti degli investitori.

    Possiamo fare a meno degli asset intangibili in un’IPO?

    La risposta è NO. L’informazione che struttura il capitale comunicativo è la discriminante chiave tra un’IPO di successo che innesca una permanenza proficua sul mercato azionario.

    Se ci concrentriamo solo sulla parte di revisione contabile, quindi finanziaria e civilistica e trascuriamo la componente di finanza comportamentale, quindi quella umana in cui entrano in gioco gli asset intangibili, avremo un serio problema.

    Senza un frontman dell’azienda che si occupi di investor relation e di pubblicazioni (post, articoli, video…) che puntino i riflettori sull’azienda, sui motivi per cui vale investire su di essa e senza un’attenzione maniacale al legame comunicazione-mercato, seguendone i trend, assecondando i nuovi bisogni, ecc.. riduciamo ai minimi termini le possibilità di performare con successo.

    Attenzione, perché non vale solo per le aziende quotate o in procinto di IPO, ma anche per quelle che oggi non lo sono, ma potrebbero voler approcciare qualsiasi tipo di operazione straordinaria, come un’M&A, o anche solo rendersi attrattive sotto l’aspetto dell’employer branding.

    Cosa sapere sugli asset intangibili prima dell’IPO

    Prima di approcciare un’IPO, è importante saper individuare tutte le componenti intangibili che sono rilevanti per il mercato di riferimento ed effettuare una mappatura degli asset intangibili aziendali, per poi confrontare le due liste al fine di comprendere quali vanno inseriti o potenziati correttamente.

    Ho scritto una guida molto completa che spiega cosa comporta una quotazione in borsa e come gli asset intangibili impattano su di essa, compila il form seguente per richiederla!





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